Il giardino, sulle pendici dell’Etna, tra la coltre di lava depositata dal vulcano oltre 600 anni fa, lascia intravedere tra agrumeti e piante fiorite i segni di antiche civiltà: camminamenti in pietra e canali di irrigazione di derivazione araba.
Il giardino di Villa Trinità, di circa tre ettari, è una recente creazione del proprietario, Salvatore Bonajuto, agronomo e paesaggista. Il complesso è costituito da una casa padronale, che risale al 1609, e dai terreni agricoli circostanti, e deve il suo nome all’attigua chiesetta della SS. Trinità. Dopo essere stati piantumati a vigneto, negli anni Sessanta i Bonajuto decisero di destinare gran parte dei terreni alla coltivazione degli agrumi, ma la crisi di questa attività, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, li spinse a riconvertire la proprietà ad agriturismo e residenza di charme, dotandola di un giardino botanico, un agrumeto (che utilizza ancora le “saje”, il sistema di irrigazione di origine araba) e un vigneto. Il giardino è attraversato da antichi percorsi di pietra, detti “rasule” ed è arricchito da un’importante collezione di piante mediterranee, di agrumi biologici e di 18 varietà siciliane di fico (Ficus carica). Oltre ad alberi da frutto, vi fanno bella posta camelie, una vasta collezione di succulente e di iris, felci, pistacchi, sorbi, azzeruoli, cactus, palmizi, la fioritissima Jacaranda, la Chorisia speciosa dal tronco ricoperto di spine, un bagolaro centenario e lo Schinus molle o “falso albero del pepe”. La presenza di un boschetto di roverella, pianta spontanea costitutiva del “bosco etneo”, oggi di fatto scomparso, arricchisce la proprietà di un notevole interesse naturalistico: qui, sulla coltre di lava, sono ricomparsi l’acanto e il finocchiaccio, i piccoli sedum e i muscari.