Insieme con villa Piovene, Villa Godi, probabile esordio di Palladio sul tema della villa, è concepita come una grande scena aperta sul paesaggio circostante. Le due ville si pongono l’una di fronte all’altra in un confronto ravvicinato, oggetto in passato anche di violenti diverbi fra le famiglie per la concessione delle acque.
La villa sorge sul crinale di un pendìo a dominare la valle del fiume Astico. Hieronimo Godi incarica Andrea Palladio del progetto di una casa dominicale, costruita tra il 1540 e il 1542. La villa apre il fronte principale (dove il prospetto si ritrae nella parte centrale) sul giardino semicircolare, attualmente marcato da un ovale in prato e da tuie potate a cono con una fontana al centro e statue lungo il basso muro di cinta. A fianco si apre un secondo giardino quadrangolare con un piccolo pozzo in pietra, in origine forse destinato a orto e probabilmente anche ad ospitare gli agrumi.
Il giardino posteriore (dove il prospetto avanza) ha un carattere più domestico, da giardino segreto, con un pozzo al centro e una pergola di glicine in asse con il salone centrale del piano nobile segnato da una serliana.
Una doppia rampa coperta da pergole di glicine conduce a livello sottostante dove si sviluppa un parco realizzato a metà Ottocento dal conte Andrea Piovene, forse su progetto di Antonio Caregaro Negrin, nei pendii un tempo occupati dai terrazzi coltivati di cui rimane ancor oggi memoria soltanto nel tracciato delle canalette di scolo che solcano il prato.
Lo spazio più suggestivo e maggiormente definito del complesso è costituito dai due stretti livelli di giardini terrazzati, il primo disegnato da una teoria di colonnine: questo luogo, oggi caratterizzato da siepi in bosso e da una vecchia palma, ospitava un tempo la serra per gli agrumi.