La statuaria nei giardini veneti
La statuaria ha avuto fin dal Cinquecento una parte rilevante nei giardini veneti.
La statuaria ha avuto fin dal Cinquecento una parte rilevante nei giardini veneti. Jacopo Sansovino progetta e in parte esegue le sculture che ornano Villa Garzoni a Pontecasale, da lui ideata, come fanno il Falconetto nella Corte Cornaro e l’Ammannati nel giardino Mantova Benavides a Padova e in quello perduto di Ca’ Gualdo a Vicenza. Alla decorazione scultorea, che sostituisce le collezioni archeologiche diffuse nei giardini di Roma e in alcuni giardini veneti (tra cui quello Giusti a Verona e Nichesola a Ponton), è affidato il programma iconografico che il complesso intende trasmettere, come attestano il giardino di villa Brenzone a Punta San Vigilio – dove opere di moderna fattura affiancano autentici esemplari classici nella composizione delle singole scene – e il giardino segreto di villa Barbaro a Maser culminante nel ninfeo e grotta retrostante. Ne I Quattro Libri dell’Architettura (1570) Andrea Palladio si sofferma solo sulle statue che ornano gli edifici, mentre Vincenzo Scamozzi ne L’idea dell’Architettura Universale (1615) considera anche i soggetti di quelle più adatte a un giardino.
Dal 1650 la statuaria acquista, insieme con gli agrumi, un ruolo preminente grazie alla disponibilità della pietra di Costozza e di Vicenza, tenera appena estratta e quindi facile da lavorare, ma poi assai resistente. Gruppi di abili artisti – in genere consociati in vaste e organizzate botteghe come quelle, celebri, dei Marinali nel Vicentino e dei Bonazza a Padova -, trasmettendo il mestiere e lavorando su modelli prestabiliti da adattare di volta in volta alle esigenze della committenza (si veda l’Album di Orazio Marinali del Museo di Bassano del Grappa, ripetutamente utilizzato dalla bottega), erano in grado di eseguire opere di ottima qualità in tempi assai brevi. Nei casi più felici la decorazione plastica che orna la residenza padronale e il giardino accompagna quella pittorica nel dispiegamento del programma iconografico, affidandosi ad analoghe personificazioni di figure allegoriche e divinità mitologiche. A volte la decorazione plastica risulta una pietrificazione di apparati effimeri come la ‘machina mondiale’ di Orazio Marinali ne La Deliziosa di Montegaldella, o di rappresentazioni teatrali, come fanno pensare le maschere nella stessa Deliziosa e in villa Widmann a Bagnoli di Sopra, queste ultime di chiara ispirazione goldoniana. I soggetti raffigurati, dapprincipio soprattutto celebrativi, si adeguano all’evoluzione del gusto e, dal 1750, si caricano di valori didascalici e moraleggianti legati alla cultura dell’Illuminismo, come le statue dei padovani illustri di Prato della Valle a Padova e quelle degli scomparsi parterres filosofici di villa Querini ad Altichiero e di villa Beregan al Moracchino di Vicenza.
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