Un curato parco ottocentesco, incastonato in un paesaggio agrario modellatosi nei secoli, abbraccia un’importante dimora storica affrescata da Tiepolo. Alberi secolari e discrete fioriture punteggiano il giardino, interessante testimonianza in Veneto del gusto paesaggistico inglese.

Il parco e la villa, con i suoi annessi e le prospettive alberate che si prolungano nella campagna, sono espressione emblematica dei processi di trasformazione che caratterizzano il paesaggio veneto a partire dalla metà del Quattrocento. Nel 1436 il conte Antonio Nicolò dei Loschi, appartenente ad una nobile famiglia di Vicenza, acquisì una tenuta alle porte della città dando avvio alla bonifica dei terreni e allo sviluppo di una florida azienda agraria. Il complesso, pur accresciuto nel numero e nell’importanza degli edifici, mantenne un aspetto essenzialmente rustico sino al pieno Seicento, come documenta una pianta del 1636. All’inizio del Settecento l’ascrizione dei Loschi al patriziato della Serenissima determinò una profonda trasformazione della villa, che assunse una veste monumentale su disegno dell’architetto Francesco Muttoni: accantonata una prima proposta progettuale, la facciata dell’edificio ricevette le forme di un ampio palazzo urbano, mentre la decorazione del salone centrale fu affidata a Gianbattista Tiepolo. Non trovò seguito, invece, il progetto muttoniano relativo al giardino che prevedeva, tra l’altro, un ampio giardino formale, un frutteto e grandi peschiere. Vi fu realizzato, dopo il 1736, un più modesto intervento dell’architetto Giuseppe Marchi, che sopravvisse sino alla metà dell’Ottocento quando, in un quadro di mutata sensibilità estetica, i proprietari decisero di adeguare l’assetto del parco al nuovo gusto romantico di matrice inglese. L’architetto Antonio Caregaro Negrin, cui erano legati da comuni sentimenti patriottici, eseguì i lavori di trasformazione del parco sulla base di un progetto –realizzato solo in parte- dell’architetto milanese Giuseppe Balzaretti: l’assialità e la simmetria originarie hanno lasciato il posto al sinuoso snodarsi dei vialetti, alle radure a prato, a boschetti e gruppi arborei che regalano, nel susseguirsi delle stagioni, un’armonica palette di colori. Dopo essere passato nella seconda metà dell’Ottocento alla famiglia Zileri per via ereditaria, in tempi più recenti il complesso è stato oggetto di attenti interventi di restauro.

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