Già nella seconda metà del Cinquecento la tipicità del paesaggio lucchese non sfugge a un viaggiatore d’eccezione, Michel de Montaigne, che descrive “una pianura di eccezionale bellezza” e le “belle montagne e colline dove i più si sono fatti le dimore di campagna”. Prodotto di una ricca borghesia urbana dotata di risorse intellettuali e di fantasia creatrice, le ville, sposando otium e negotium, costituiscono – a partire dal Quattrocento e fino al XIX secolo – la componente fondamentale di uno straordinario paesaggio collinare; insieme ai giardini, ai parchi, ai viali alberati, alle fattorie, all’alternanza misurata dei coltivi e dei boschi, ai corsi d’acqua, rappresentano l’episodio più rilevante al di fuori delle “mura verdi” cinque-seicentesche della città, una ulteriore cinta che dà luogo a un vero e proprio sistema paesistico di grande raffinatezza e significato.
Alcune ville, riconfigurate nel Seicento, assumono toni aulici, e sono quelle di chi, recatosi all’estero non più nelle vesti di mercante ma di ambasciatore e con incarichi politici, è in contatto con le corti europee.
Evidenti sono gli scambi con altri centri italiani e con l’Europa, in particolare con Parigi. La Villa Santini di Camigliano verrà definita nel Settecento la “piccola Versailles”, Stefano Orsetti ribattezza Marly la sua villa di Marlia, il committente di Villa Mansi richiede all’architetto Filippo Juvarra di adeguarsi al gusto francese nel disegno delle aiuole del suo giardino.