L’Emilia Romagna è segnata da una “collana” di città allineate lungo la via Emilia. È la terra di Giovanni Pascoli, un romagnolo che sentiva le piante come un elemento fondamentale dell’ambiente in cui viveva.
È un paesaggio che ha origini antiche e che mantiene nei secoli la sua identità, dove, soprattutto nella sterminata distesa della pianura, si avverte il senso di un’antropizzazione che conferisce ad esso una chiara riconoscibilità: alcuni elementi quali le “cavedagne” (i fossati lungo i quali corrono filari di alberi) seguono l’andamento pianificato dell’antica “centuriatio”. Già nel Cinquecento lo storico Leandro Alberti notava che “scendendo alla via Emilia e caminando per mezo dell’amena e bella campagna” questa appariva ornata “di vaghi ordini di alberi”.
L’organizzazione per poderi trova nella villa signorile del ‘500 (che si svilupperà fino all’800), luogo di produzione oltre che di svago e di delizia, l’elemento ordinatore, baricentro di una proprietà verso la quale confluiscono strade segnate in pianura da filari di pioppi, querce e acacie e in collina da cipressi. La razionalizzazione del paesaggio agrario si riscontra anche nei giardini dove i viali di accesso continuano nella campagna creando stretti rapporti col territorio: il giardino si appropria della campagna come la campagna si appropria del giardino con i suoi alberi da frutto, i pergolati, i cespugli, i fiori.