Meta di viaggiatori da tutta Europa all’epoca del “Grand Tour”, per la rinomanza del sito e la magnifica vista sulla città è un giardino formale della seconda metà del Cinquecento improntato allo stile dei giardini toscani, con statue, fontane, grotte, padiglioni, una cedraia e un labirinto in bosso.
L’area, ai piedi del colle di San Pietro, in origine destinata a insediamento produttivo della famiglia Giusti, di origini toscane – che nel ‘700 aggiunge al cognome l’epiteto “del Giardino” – fu trasformata nel corso del XVI secolo, su impulso dell’umanista Agostino Giusti, in un palazzo di rappresentanza dal cui cortile retrostante, racchiuso da mura merlate, si accedeva al giardino costruito fra il 1565 e il 1580 circa e modificato più volte nel corso del tempo. Inizialmente era suddiviso in nove riquadri geometrici, a loro volta ripartiti da aiuole di bosso di semplice ortogonalità, rielaborate nel 1765 con un prezioso disegno “alla francese” e ornate di statue di soggetto mitologico. Il celebre labirinto, forse realizzato dal figlio di Agostino, Gian Giacomo, è stato ridisegnato nel 1786 dall’architetto veronese Luigi Trezza e ricostruito sotto la direzione di Cesare Benciolini tra il 1970 e il 1972 sostituendo il bosso con il ligustro. Un lungo viale di cipressi, tra cui quello monumentale ammirato da Goethe (di recente sradicato da un nubifragio) costituisce l’asse principale che attraversa il giardino in profondità, terminando con la “Grotta degli specchi”, ornata di conchiglie, stalattiti e lastre di specchio, sovrastata da un grande mascherone scolpito nella roccia da cui fuoriuscivano lingue di fuoco e fumo durante gli spettacoli. Di qui una scala a chiocciola ricavata in una torretta a forma di campanile conduce alla parte alta del giardino dove, dal belvedere ricavato sopra il mascherone, si gode di uno dei più bei panorami sulla città di Verona. Fuori dal recinto formale trovano posto le serre che ospitano limoni in piena terra coltivati a spalliera. Nel pendìo si sviluppa il boschetto che nasconde piccole grotte scavate nel tufo. Notevole è la “Palazzina di Venere”, suggestivo loggiato belvedere decorato con affreschi di fine ‘500 di Orazio Farinati. Nella parte alta a nord il giardino è delimitato dalle mura teodoriciane.
Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR
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