Definito nel XVI secolo il “Paradiso”, il giardino ha mutato pelle nell’Ottocento: il lago con i cipressi calvi, le serre di gusto moresco, l’aulica cavallerizza emergono tra le fronde del vasto parco romantico.
La risistemazione del cinquecentesco complesso viene affidata nel 1607 da Nicolò Corner a Vincenzo Scamozzi, che ne pubblica il progetto ne L’idea dell’architettura universale (1615). Verso la fine del XVII secolo il giardino è ampliato oltre il canale e collegato alla parte più antica da un ponte con nove arcate; vengono realizzate nuove peschiere, montagnole e uno “stradon” rettilineo affiancato da cento statue, eseguite per la maggior parte da Orazio Marinali (1643-1720), che si concludeva a nord con un portale formato da due pilastri sormontati da statue equestri, ora riposizionate sulla Cavallerizza. Agli inizi dell’Ottocento la tenuta è in abbandono e nel 1816 la proprietà passa ad Antonio Revedin: alcuni decenni dopo, a partire dal 1852, il complesso rinasce quale araba fenice: a Giambattista Meduna si deve l’edificazione del sontuoso palazzo e la riconversione del giardino formale in un parco “all’inglese”. Al Meduna succedono prima Francesco Bagnara e quindi il francese Marc Guignon, al quale spetta l’idea dell’anfiteatro delimitato dalle preesistenti statue, qui riutilizzate. Intorno al 1868 subentra Antonio Caregaro Negrin che ultimerà l’opera per conto dei nuovi proprietari, la famiglia Rinaldi, utilizzando tutto il lessico tipico dei giardini paesaggistici – sentieri a serpentina, grotte, dirupi – e introducendo originali e suggestivi edifici quali la “cavana” e la serra in forme ispano-moresche sull’isoletta di un frastagliatissimo lago. All’interno del parco, completato nel 1878, sono presenti un migliaio di alberi di 65 specie diverse, tra i quali oltre 30 esemplari centenari, veri e propri monumenti verdi: si annoverano tassi, farnie, ippocastani, carpini bianchi e cipressi calvi, oltre ad alcune specie esotiche. Pervenuto alla famiglia Bolasco nel 1924, il complesso è stato donato nel 1967 all’Università di Padova che ne ha fatto la sede del Centro Interdipartimentale di ricerca per il restauro, il recupero e la valorizzazione dei parchi storici e degli alberi monumentali.