Immersa nell’armonioso paesaggio di vigne della Valpolicella, realizzata alla metà del Cinquecento, la villa, con grotte, fontane e peschiere, deve la sua notorietà al suo impianto architettonico, all’uso sapiente dell’acqua, immortalato nei contemporanei versi della poetessa Veronica Franco.
Il progetto della villa, voluta da Giulio della Torre, è attribuito a Giulio Romano sulla base delle analogie con Palazzo Te a Mantova e di contatti che il committente ha avuto con l’architetto. La proprietà rimase ai Della Torre fino ai primi decenni dell’Ottocento; dopo un progressivo declino, culminato nei danni subìti durante e dopo la seconda guerra mondiale, nel 1952 fu acquistata da Girolamo Cazzola che, a partire dal 1960, intraprese un generale restauro; nel 2008 è pervenuta agli Allegrini che ne hanno restaurato l’architettura e ne hanno fatto il centro di una prestigiosa azienda vinicola. Originariamente a ovest del complesso vi era un ampio “brolo” con uno stradone che conduceva all’ingresso, un primo giardino un tempo di frutti, dove l’acqua scorreva lungo una canalina incastrata sul muro d’ambito del giardino stesso. Il complesso presenta una successione di spazi sul modello delle domus romane. Alla sinistra del primo cortile si trova la chiesetta ottagonale progettata da Michele Sanmicheli. Da qui si scende al cortile interno, una sorta di peristilium con fontana al centro circondato da un porticato. Più in basso si raggiunge un giardino con la peschiera attraversata da un ponticello in pietra, sul modello di Palazzo Te, con due giardini ai lati e due Chamaerops excelsa. Da qui ci si affaccia sul giardino vero e proprio, oggi un semplice prato. Un tempo era il “fiorito amenissimo giardino… ornato d’alberi folti e sempre verde manto”, ricordato nei versi di Veronica Franco. Qui è la grotta-ninfeo in tufo, la cui facciata ha le sembianze di un mascherone deforme.