Reinterpretato alla fine dell’Ottocento da una straordinaria figura femminile e da un giardiniere d’eccezione, il giardino deve la sua fama al suo “parterre” d’acqua. La bellezza del paesaggio, le viste sulla città e sulla campagna ne fanno uno dei luoghi più conosciuti e amati.
La storia del giardino inizia verso il 1610, quando Zanobi di Andrea Lapi fa costruire l’edificio, poi ampliato nel Settecento dai nuovi proprietari, i Capponi, che determinano anche l’assetto del giardino. Nel 1896 il complesso, dopo alcuni decenni d’abbandono, è acquistato dalla principessa Jeanne Catherine Ghyka che, da sensibile artista quale era, si fa interprete di un giardino caratterizzato dalla presenza di un originalissimo “parterre” d’acqua costituito da quattro vasche rettangolari delimitate da siepi di bosso che terminano con un emiciclo di cipressi sagomati ad arco. Villa Gamberaia diventa così uno dei più iconici giardini d’Italia creato da una figura femminile ancora oggi avvolta in un’aura di mistero e da un giardiniere, Martino Porcinai, padre di Pietro, il più rappresentativo paesaggista italiano del Novecento. Dall’ingresso a esedra su via del Rossellino il cancello si apre sul viale di cipressi, un corridoio visivo che indirizza lo sguardo verso la villa. In prossimità della casa due archi mettono in comunicazione il primo piano con la cappella. Un lungo asse rettilineo a prato (“bowling-green”) termina a nord con un ninfeo e a sud con un’ampia vista sulla valle dell’Arno. Da esso si accede al “gabinetto di roccaglia”, straordinaria invenzione barocca con scenografiche scalinate di collegamento con il “selvatico” e con la Limonaia che in inverno ospita un’importante collezione di agrumi.
Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR