L’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi, protagonista dopo Palladio dell’architettura veneta del suo tempo, realizza per la nobile famiglia Molin, in località Mandria presso il ponte “della Cagna”, la villa sul canale Battaglia, in un rapporto diretto col paesaggio.
Sul sito dove nel X secolo i nobili padovani Transalgardi erigono un castello, più volte distrutto, i patrizi veneziani Molin possiedono, verso la metà Cinquecento, una casa con “brolo” e cinquanta campi. Nel 1597 l’ambasciatore della Serenissima Nicolò Molin, al culmine della sua carriera politica, incarica Vincenzo Scamozzi di costruirvi una villa suburbana degna del suo illustre casato. Di tale complesso l’architetto ci ha lasciato documentazione nel trattato Idea della architettura universale in cui delinea le caratteristiche ambientali del luogo, dando prova di una notevole attenzione per il paesaggio. La villa, pur trovandosi in una campagna pianeggiante, gode dell’ondulato profilo sia dei Colli Euganei che dei Berici e si innalza, con i simmetrici volumi e l’elegante pronao dalle colonne ioniche, direttamente sulle rive del canale Battaglia L’alto argine cela attualmente la parte inferiore della costruzione attenuando il grandioso effetto originario. La pianta del complesso, tutto chiuso da muro, ci mostra il ruolo attribuito da Scamozzi al giardino e al brolo come trait-d’union fra l’edificio padronale e i campi, estesi fino all’attuale strada di Abano, dove era la fattoria trasformata poi dai Giusti del Giardino in villa, quella dove viene firmato nel 1918 il noto armistizio. L’area ancora cintata è ora tutta destinata a giardino. A sud della villa vi è il “giardino all’italiana” che conserva le linee scamozziane, con quattro settori simmetrici, divisi da geometriche siepi di bosso e sfere potate, con statue settecentesche e una fontana all’incrocio. Sul lato opposto si estendono: la corte, il “brolo” fino al muro di cinta, e un’ampia superficie a folto parco di alberi secolari. Dagli anni Cinquanta agli anni Settanta del secolo scorso è stata proprietà di Iginio Kofler, a cui si devono vari restauri.